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Come risultato, nel soggiorno apparve un armadio di compensato che l’artigiano aveva dipinto per farlo sembrare di mogano. E gli inserti in marmo erano imitati da carta tinta con venature. William fece una smorfia alla vista di quel nuovo pezzo di arredamento. L’armadio somigliava davvero a quello vecchio. Ma con una invidiabile differenza: era plebeo di nascita.

Naturalmente, come in tutte le case londinesi rispettabili, nel soggiorno c’era un pianoforte. Alice aveva provato, senza successo, a padroneggiare quello strumento. Genevieve stessa aveva provato a insegnarlo a sua figlia, obbligandola a sedersi al pianoforte dritta come un bastone. Alice si stufava in fretta e studiava controvoglia. Sua madre era costantemente arrabbiata e, alla fine, disperò di insegnare a sua figlia qualsivoglia abilità musicale. Sebbene Genevieve stessa suonasse bene.

Il secondo piano della casa era occupato da tre camere da letto e una camera per gli ospiti. Nessuno vi abitava da tanto tempo. Finché un giorno zia Grace Adrian non giunse a Londra dalla Scozia per affari. La mansarda non era considerata abitabile, ma sotto il tetto c’erano lo studio di William, un ampio ripostiglio e una piccola stanza che non aveva uno scopo specifico.

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