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ssss1 Cfr. GALANTE GARRONE, V., L’apparato scenico del dramma sacro in Italia, Torino, Bona, 1935.

ssss1 Nel 1956 si tenne ad Arras un convegno sul tema La mise en scène des oeuvres du passé. Dalle relazioni esposte dagli studiosi e dagli operatori di teatro furono argomentate diverse questioni relative al complesso problema della messa in scena di un teatro che, per contenuti e modalità espressive, appartiene a sistemi culturali in sé conclusi, ma che può essere incisivo nel mondo contemporaneo. Ciò che è di fondamentale importanza, di fronte alla complessità del problema, è la possibilità di poter disporre di raccolte che, accanto al testo drammaturgico, documentano la realizzazione scenica così come essa si è adeguata nel corso del tempo; sono tali raccolte che consentono il contatto con realtà culturali diverse e lo studio delle medesime (v. A. Veinstein). La messa in scena di un’opera del passato, qualunque sia l’atteggiamento culturale che la sostiene, è inevitabilmente un processo di attualizzazione nel quale il testo dell’autore, come dato culturale, si vivifica attraverso l’attore e il regista, in quanto interpreti; sono questi che danno vita al testo così come si può dar vita a un quadro, rinvenendo in questo: epoca, luogo, senso e significato dei simboli; come nella pittura medioevale, che, al pari del teatro religioso, aveva la capacità di coinvolgere il pubblico, proponendo i valori connotativi della società (v. J. Laude). Di fatto, l’interpretazione può essere operata anche come una traduzione del testo e delle sue modalità espressive che appaga le esigenze della contemporaneità in virtù di un’analisi critica dei contenuti, ma può anche essere la ri-creazione, basata sui risultati delle indagini filologiche, di una esperienza che appartiene, con la sua identità, alla storia della società; una ri-creazione che pretende da parte del regista amore e rispetto del testo e del contesto in cui questo venne ideato. E se ciò che poteva coinvolgere un pubblico medioevale può lasciare indifferente un pubblico moderno, il lavoro dell’interprete deve tendere a riproporre quello che è eterno nelle opere del passato (v. R. Clermont). Per questa prospettiva un significato essenziale è quello che può derivare dalla reciproca integrazione dell’ambiente architettonico con la dinamica dello spettacolo (v. R. Allio). Cfr. La mise en scène des œuvres du passé: entretiens d’Arras, 15-18 Juin 1956, ed. de J. Jacquot y a. Veinstein, Paris, Centre National de la Recherche Scientifique, 1957. In particolare, cfr: Veinstein, A., «Documentation et création», pp. 91-109; lauDe, J., «L’histoire, la peinture et la mise en scène d’événements passés», pp. 129-160; ClerMont, R., «La mise en scène du théâtre médiéval», pp. 223-231; allio, R., «Les scènes de plein air», pp. 279-282.

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