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Apparterrebbe al primo gruppo lo studio «Immagini e forme dello spazio scenico nella pastorale ferrarese» di Adriano Cavicchi. Qui l’autore ci offre un breve riassunto dei documenti relativi ai dettagli e alle peculiarità delle rappresentazioni nella corte ferrarese, ponendo grande attenzione allo sviluppo di questo genere dopo la morte di Alfonso ii. Francesco Luisi, nelle «Note sul contributo musicale alla drammaturgia pastorale avanti il melodramma», oltre a definire il melodramma come «la realizzazione musicale definitiva di una pastorale», compie un percorso dal Poliziano fino all’Aminta di Tasso, la quale sarebbe il riferimento principale per la drammaturgia musicale. Franco Croce scrive «La teatralità dell’Aminta», relazione in cui sottolinea l’uso della narrazione nell’opera del Tasso: cioè, l’uso della scena come sfondo dove si discutono gli avvenimenti, sempre in comparazione con la teatralità dell’opera di Guarini. Irene Mamczarz studia ne «I teatri provvisori di ‘verzura’ in Italia e in Francia» i luoghi di rappresentazione e la loro evoluzione in Francia e nell’Italia settentrionale come i palazzi, i teatri, le piazze e, soprattutto nel Seicento, i giardini. Sottolinea tre luoghi fondamentali per le rappresentazioni del Cinque-Seicento: il teatro di Niccolò Sebregondi, i teatri di «verzura» di Giuseppe Vigarani nel parco di Versailles e i teatri verdi di Giuseppe, Ferdinando e Ales-sandro Bibiena. Chiude questa sezione la relazione di Paola Guerrini «L’Aminta e l’iconografia di ‘paesaggio’ nella drammaturgia pastorale», in cui si offre un percorso interartistico intorno all’opera di Tasso, dalle immagini e xilografie che accompagnavano le prime edizioni fino agli adattamenti al cinema dei primi anni del Novecento.

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