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LA PARTITA INTERROTTA

Allo stadio Olimpico di Roma la partita Roma-Juventus, 12-ma di ritorno del campionato italiano di calcio di serie A, era cominciata da circa venti minuti.

Una bella partita. Anche se non si erano ancora viste reti, il pubblico aveva già avuto modo di divertirsi in molte occasioni. Ed una bella giornata: un sole tiepido primaverile, quasi niente vento e niente nuvole, dopo una settimana che, meteorologicamente, alcuni avevano previsto come l’ultima invernale della stagione.

A me il sole dava quasi fastidio: troppo sparato sulla mia faccia. Avrei gradito volentieri una bella nuvola sopra lo stadio, anche per potermi togliere quel cappellino che, se permetteva alla mia testa pelata di non surriscaldarsi, comunque mi dava fastidio.

Ad un tratto, guardando il cielo sopra di me, notai qualcosa di strano. Non era un gabbiano, come mi era sembrato a prima vista, anche se di gabbiani in giro ce n’erano parecchi. Non sembrava neanche un palloncino, di quelli che i gruppi di tifosi organizzati lasciano andare all’inizio degli incontri in vivaci coreografie multicolori. Perché invece di salire, scendeva, almeno così mi pareva. Sì, doveva scendere, perché ora cominciavo a distinguere in quel coso una specie di paracadute. Come le caramelle o i salamini che, quando ero bambino, qualche aereo rumoroso ci gettava in dono sulle spiagge delle nostre vacanze.

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