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Borbottando e camminando con un’andatura poco sicura, Gabe controllò la flebo. Assicuratosi che tutto fosse a posto, si diresse verso la doccia. Non c’era modo che l‘erezione se ne andasse per conto suo, almeno non in breve tempo, e Gabe ebbe il desiderio di massaggiarsi, come aveva fatto l’uomo nel suo sogno, mentre le immagini del sogno stesso erano ancora fresche nella sua memoria.

Gabe aveva l’uccello in mano quando entrò nella doccia, già perso in una fantasia con l’uomo dei suoi sogni dai capelli scuri. Mentre l’acqua tiepida scivolava sulla sua pelle, chiuse gli occhi e si toccò con il pollice la fessura del suo pene, stringendone con forza la punta arrotondata. Gli passarono nella mente le immagini della mano di un altro uomo che andavano su e giù lungo il suo pene per poi essere sostituite dalle sue labbra piene e forti e da una lingua che faceva delle magie che non aveva mai provato nella realtà. Spingendo con il braccio raggiunse la sua parte posteriore e fece scivolare le dita dell’altra mano nella fessura, toccando l’apertura con il suo dito medio. L’eccitazione passò dal suo sedere al suo pene, i fianchi sobbalzarono quando la punta del dito scivolò nell’ano. La sua schiena si arcuò quando il piacere percorse tutto il suo corpo, uscendo dal suo pene in lunghi fili grossi e cremosi mentre un grido rauco esplodeva dalla sua gola.

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