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La nostra natura era limpida e inalterabile, nessuna malattia poteva deturparci, nulla poteva scalfire la nostra purezza, neanche il tempo poteva influire sulla nostra eterna giovinezza. Eravamo una stirpe forte e dotata di profonde conoscenze scientifiche e alchemiche grazie alle quali iniziammo un'opera di purificazione: le paludi divennero splendidi laghi; le foreste oscure, allegri boschetti; i corvi, meravigliosi uccelli; rendemmo innocui gran parte dei serpenti velenosi. Eravamo una società potente e destinata a espandersi lentamente, ma inesorabilmente. Corrupto pose il suo occhio malevolo su di noi e, purtroppo, egli conosceva il nostro punto debole: eravamo puri in tutto, anche nel nostro pensare e agire. Non eravamo avvezzi ai sotterfugi e proprio l'assenza di malizia fu la nostra condanna.

Non sappiamo come avvenne, ma in qualche modo Corrupto o un suo servo in grado di farlo, riuscì a entrare nei sogni della Grande Sacerdotessa Violette, una dei Sette figli diretti del Grande Cigno. Spacciandosi per la Dea le dettò la formula che avrebbe permesso alla nostra specie di sopperire alla scarsa prolificità dovuta al fatto che eravamo semi-alieni in questo mondo. Io ero una sua giovane assistente. Con grandi aspettative preparammo l'intruglio e, come era nostra prassi, lo provammo prima su noi stesse e sui nostri compagni: funzionava! Ci sentivamo più energici e sentimmo avvampare il desiderio di accoppiarci. Dalle analisi, le nostre uova risultarono subito fecondate. Tutti i componenti dello stormo ne bevvero e tutte le femmine deposero uova fertili. Festeggiammo per giorni sognando una grande progenie in grado di purificare in breve tempo tutta Xantis... La progenie effettivamente fu numerosa, tuttavia le cose non andarono esattamente come avevamo immaginato.» Aliah proferì quest'ultima frase con una malcelata vena di sarcastica amarezza. Si alzò, guardò il suo corpo deturpato e, ridendo istericamente, si strappò alcune piume nere da una spalla e le lanciò via con ribrezzo. Dopo qualche istante, riprese: «La Gran Sacerdotessa e noi apprendiste fummo le prime a utilizzare la pozione, l'Inganno di Corrupto, e le nostre uova furono le prime a schiudersi. Ricordo ancora perfettamente la gioia che provai quando vidi le fratture increspare la superficie delle mie tre: per me, sarebbe stata la prima nidiata e rimembro altrettanto bene l'orrore che provai quando vidi gli abomini che ne vennero fuori. I miei figli, i miei unici figli erano neri e deformi con becchi adunchi, artigli d'aquila e voci di corvo. Corsi dalla Sacerdotessa per chiedere aiuto, o forse solo conforto. La trovai immobile con lo sguardo perso nel vuoto: sotto di lei, sette esserini informi, simili ai miei. Nel giro di poche ore, anche le altre consorelle accorsero e tutte si straziavano per lo stesso motivo. Piangemmo, ci disperammo e, insolitamente per la nostra razza, avemmo spunti di aggressione reciproca, ma alla fine, trovammo la forza di reagire. La Sacerdotessa ordinò ad alcune consorelle di volare tra i nidi della nostra comunità e avvertire tutti dell'accaduto, mentre io rimasi con lei per assisterla nella ricerca per la produzione di un antidoto. Passammo diverse notti insonni per trovare una soluzione alchemica, ma come mai era sino ad allora avvenuto, persino l'infallibile Violette faticava a trovarne una veramente efficace. La somministrazione non aveva alcun effetto evidente sui piccoli abomini, tuttavia su di noi, effettivamente, sembrava lenire quello strano senso di inquietudine violenta che si era manifestata. Fu proprio la somministrazione su noi stesse che ci fece compiere un altro errore di valutazione: non ci fece capire quello che stava avvenendo fuori. Erano passati dieci giorni quando, da una finestra, piombò nel laboratorio un mostruoso essere con piume quasi tutte nere. Alzò lo sguardo e, a stento, riconoscemmo in lei Laviah, una consorella. Questa, con un immane sforzo di autocontrollo, ci raccontò che tutti avevano cominciato a trasformarsi nel corpo e nello spirito e che ora regnavano solo morte e caos. Ci disse di fuggire e poi, si tolse la vita recidendosi la gola: lo fece per non uccidere noi. La Sacerdotessa raccolse in una sacca gli ingredienti più importanti, un paio di libri e gli appunti di quanto fino ad allora scoperto. Insieme, spiccammo il volo per fuggire. Mi voltai e vidi per l'ultima volta la Torre di Cristallo, alta fin sopra le nuvole, maestosa e splendente con le sue grandi guglie e i fieri archi che rifrangevano la luce nei colori dell'arcobaleno. Dopo poco tempo, fummo intercettate da uno stormo di centinaia di creature simili a Laviah: non più cignani, ma arpie. Violette capì che non era più possibile fuggire e l'unico modo per dare una speranza alla nostra specie era quello di affidarmi i suoi appunti e coprire la mia fuga. Certo, sarebbe stato meglio il contrario, visto che io non ero ancora una vera alchimista; d'altra parte, però, solo lei era in grado di fronteggiare tanti avversari. La Sacerdotessa si fermò in volo per affrontarli e, nell'allontanarmi, udii il suo canto come un lamento rivolto alla Dea. Poco dopo piovve, piovve l'acqua purificatrice di Limpa e quando, ormai lontana, mi voltai, vidi un'enorme spirale nera fatta di arpie convergere verso un unico punto luminoso nel cielo e tante creature abominevoli precipitare intorno ad esso in preda agli spasmi provocati da quella pioggia che per loro era letale. Ero ormai lontana diverse miglia, quando il punto bianco smise di brillare nel cielo.

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