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Quel pomeriggio percorremmo avanti e indietro il corso forse per dieci volte o più, osservando i gruppi che incrociavamo, squadrandoli dalla testa ai piedi, studiando attentamente il loro aspetto ed il loro atteggiamento; talvolta scambiandoci tra noi due commenti, evidenziando i tacchi più alti, le ragazze più carine, le tenute più audaci e originali, gli sguardi ed i sorrisi che sembravano nascondere il desiderio di conoscerci, di interrogarci, di invitarci; cercando di indovinare se nei gruppi ci fossero delle coppie già formate, o in via di formazione, e quali; oppure le ragazze in cerca di un'alternativa o un'evasione, non si sa quale - chissà, magari stavano aspettando proprio uno di noi.
Per poi riprendere questi commenti e verificarli al giro successivo, osservare se qualcosa era cambiato, se gli indizi erano rimasti invariati e se valeva la pena di riscontrarli ancora la volta dopo.
Fino al giorno prima avrei definito perlomeno demenziale un simile modo di trascorrere il tempo libero. Ma quella volta, con Augusto, capii che in alcuni casi poteva avere la sua ragione d'essere. Le nostre occhiate ed i nostri sguardi indagatori, o almeno quelli di Augusto, erano in alcuni casi ricambiati; e ciò indubbiamente voleva significare che non eravamo noi ad essere invisibili, o perlomeno che non lo eravamo per tutto il mondo.