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Fu il capo cameriere a indicarmi una porta, da cui si accedeva al vano scale che conduceva al piano di sopra. Arrivata nel salone, riuscii a domare un piccolo principio di incendio grazie all'estintore. Fortuna aveva voluto che vicino alle fiamme non ci fossero suppellettili propense a prendere fuoco, tipo librerie o mobili in legno, e il pavimento era piastrellato, niente moquette o parquet. Ma lo spettacolo che si presentò ai miei occhi era comunque raccapricciante. Le cinque persone che solo pochi minuti prima erano stati ameni interlocutori erano riversi a terra, senza segni di vita. Il signor Aldo aveva la testa fracassata e il corpo, a ridosso di una parete contro la quale era stato scaraventato dall'esplosione, era piegato ad angolo retto, il tronco appoggiato al muro e le gambe al pavimento. La sua gamba sinistra era stranamente ripiegata su se stessa, spezzata in due, mentre credo che la destra si fosse disarticolata dal bacino, in quanto sporgeva in maniera smisurata dal pantalone. Suo fratello, il signor Giulio, a giudicare dalla scia di sangue, si era trascinato, gravemente ferito, fino alla voragine aperta dall'esplosione, magari cercando scampo all'esterno, ma era ora senza vita, riverso bocconi con la testa penzolante dalla facciata esterna della casa e l'addome squarciato, da cui fuoriuscivano le interiora. Il corpo di Giada Spergolini era carbonizzato, alcuni lembi dei suoi vestiti erano ancora in fiamme, la poveraccia era stata investita dalla fiammata innescata dalla deflagrazione. Non avrebbe mai più parlato di musica jazz con Stefano. La signora Liana e il Signor Alfredo sembravano quelli in condizioni migliori. Forse erano rimasti più distanti degli altri e avevano subito meno insulti. La donna era riversa sul pavimento, faccia a terra. Palpai il collo per cercare un battito sulla doccia giugulare, niente. Ripetei la stessa operazione sul marito, c'era battito. Cercai di metterlo supino e di praticare massaggio cardiaco e respirazione artificiale, come mi era stato insegnato ai corsi di primo soccorso. Dopo alcuni cicli di percussioni sopra l'aia cardiaca, alternate a potenti immissioni di aria nella bocca dell'anziano, tenendo chiuso il suo naso con le mie dita, lo vidi sollevare l'addome e fare un atto respiratorio spontaneo, poi un altro, e un altro ancora. Il suono delle sirene giunse come una melodia alle mie orecchie. Mi affacciai dalla voragine, vincendo il raccapriccio che provocava in me la vicinanza del cadavere di Giulio Gloriani, e mi feci notare dal personale a bordo della prima ambulanza che era arrivata.

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