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Dopo sessanta interminabili secondi in cui non successe più nulla, decisi, anche se non ne potevo essere sicura, che ci si poteva alzare. Osservai Stefano ricoperto da una coltre di polvere bianca, lo scuro smoking aveva cambiato colore, mentre i capelli, da brizzolati, erano diventati del tutto bianchi. Mi resi conto che io ero conciata in condizioni simili se non peggiori.

«Ormai dovrei saperlo che vestire in abiti eleganti mi porta sfortuna!» pensai, girandomi verso la villa per cercare di capire cosa fosse successo. La facciata dell'abitazione era stata ferita da uno squarcio di almeno quattro o cinque metri di diametro, a lato dell'ingresso principale. Due finestre del salone, all'interno del quale stavamo conversando solo pochi minuti prima, erano state disintegrate e dalla voragine usciva del fumo nero e qualche lingua di fuoco. Mi guardai intorno e vidi che alcuni degli ospiti, che stavano percorrendo il vialetto come noi, si erano buttati a terra coprendosi la testa con le braccia, imitando forse quanto avevo fatto io. Una signora che era rimasta in piedi era stata colpita in fronte da un grosso frammento di mattone e aveva l'arcata sopraciliare che sanguinava.

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