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Mentre parlava, osservavo Alfredo e lo paragonavo un po' a un vampiro. Era una persona alta, magra, il naso aquilino, i canini pronunciati, la carnagione molto pallida e gli occhi cerchiati di rosso. Non da meno era la sua moglie, Liana, una donna magra, che cercava di coprire il pallore del suo viso con molto fard e un rossetto dal colore intenso. La sua capigliatura era folta e grigia, con una piega impeccabile, le sue mani avevano le dita ossute e affusolate.

«L'altro membro della famiglia di cui non abbiamo più notizie da quasi trent'anni, ventotto per l'esattezza, è il mio anziano genitore, Vladimiro», continuò Alfredo Brandi. «Nel 1983, versavamo in pessime condizioni economiche e l'unica via d'uscita era vendere questa dimora, almeno a mio avviso. Mia moglie era del mio stesso parere e trovammo buono l'accordo di esproprio proposto dall'amministrazione comunale del tempo. Ma mio padre era contrario a tale transazione e, dopo un furibondo litigio, se ne andò sbattendo la porta e non avemmo più notizie di lui. Allora aveva settantaquattro anni, ma era in perfetta salute. La nostra figlia al tempo quattordicenne, Maria Lucia, si schierò dalla parte del nonno, lo rincorse e di certo visse per un periodo insieme a lui. Per alcuni mesi, quasi un anno, non avemmo notizie di nessuno dei due. Nel frattempo avevamo ceduto la casa al Comune ed eravamo in procinto di trasferirci a Roma. Una domenica pomeriggio di inizio estate, Maria Lucia si ripresentò a casa, accompagnata da una specie di santone, a sua detta suo fidanzato e guida spirituale, con cui sarebbe partita per l'India, per un viaggio alla ricerca di sé. Provammo a chiederle che fine avesse fatto il nonno Vladimiro, se sapesse indicarci dove ritrovarlo per poterci riappacificare con lui, ma la ragazza non ci volle rivelare nulla. “Il nonno sta bene, ma non cercatelo più!” furono le uniche parole che Maria Lucia pronunciò sulla vicenda.»

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