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Il ventuno Marzo diedi alla luce una splendida bambina: Aurora.

1 LA FONDAZIONE DI AESIS

297 A.C.

L'uomo che stava arando i fertili campi sulla parte declive della collina esposta a oriente non sapeva cosa fosse il ferro, ma neanche il bronzo. L'aratro era di selce ed era trainato da una coppia di docili uri, dal mantello bruno e le corna enormi, e bisognava esercitare molta forza su di esso per farlo affondare nel terreno in maniera efficiente. Kakin aveva ereditato dal padre, appartenente all’etnia dei Galli Senoni, muscoli possenti, che sembravano scolpiti tanto erano in rilievo nello sforzo del lavoro nei campi. Dalla madre aveva invece ereditato i lineamenti delicati del viso, più tipici delle popolazioni che vivevano al di là dell'Appennino, gli Umbri, ma soprattutto gli Etruschi.

Aveva già venticinque anni, ne avrebbe vissuti al massimo altri dieci, forse quindici, ma non aveva ancora trovato una donna adatta a lui. Proprio a causa della sua discendenza mista, sia le donne di origine gallica sia quelle di origine umbra temevano ritorsioni da parte delle loro famiglie, qualora si fossero accoppiate con quel bel giovane che abitava sulla collina. Del resto anche lui ci teneva alla sua indipendenza e non si sarebbe mai mescolato con i nuovi arrivati, i Romani, che avevano attraversato il fiume Sentino ed erano scesi lungo la vallata dell'Esino per iniziare a fondare l'accampamento da cui avrebbero sferrato l'assalto ai Galli Senoni. In quella limpida giornata di inizio autunno, mentre preparava i propri campi a ricevere i semi del grano, guardava l'accampamento dei Romani prendere forma nella collina opposta, al di là della quale, più a valle, scorreva il fiume. Accampamento che, nel giro di pochi giorni, aveva assunto la conformazione tipica. Sotto la guida di due consoli, erano state tracciate le due strade principali, che si incrociavano ad angolo retto tra loro nella parte più alta della collina, il Cardo Massimo e il Decumano Massimo. Girando lo sguardo alla sua destra, l'uomo vedeva le sagome delle montagne appenniniche stagliarsi evidenti contro il cielo azzurro. Riconosceva il monte più alto, dalla forma familiare, per essersi recato diverse volte alle sue pendici, affrontando due giornate di duro cammino, al fine di procurarsi un ottimo alimento che alcuni suoi lontani parenti Umbri ricavavano dal latte delle pecore che allevavano nei verdi pascoli montani. La madre e il padre gli avevano insegnato la strada quando era ancora un bambino di poco più di dieci anni. L'ultima volta che vi era stato, i suoi cugini gli avevano parlato dei Romani, che avevano fondato un importante insediamento al di là di quelle montagne, sulla riva di un fiume che avevano dedicato a un loro Dio, Giano. I Romani avevano armi in bronzo, ma anche in un altro metallo, fino a quel momento quasi sconosciuto nella penisola italica, che li rendeva invincibili anche davanti a un'incredibile superiorità numerica dei nemici. Proprio per l'importante presenza di quel metallo nelle zone limitrofe al fiume dedicato al Dio Giano, che era poi il Dio della guerra, quella vallata in mezzo alle montagne era diventata un'importante fucina di fabbricazione delle armi in ferro da parte dei fabbri romani. Così l'insediamento aveva preso il nome di Faber Janus. Sanniti, Umbri ed Etruschi si erano coalizzati per cercare di arginare l'avanzata dei romani, che avevano ormai conquistato l'intero Lazio e cercavano di estendere la loro supremazia ad altre regioni della penisola.

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