Читать книгу Tranquilla Cittadina Di Provincia. I Misteri Di Villa Brandi онлайн

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Lo strato esterno di titanio e iridio aveva protetto l'interno della capsula dal surriscaldamento dovuto al contatto con l'atmosfera terrestre. Quando i sensori della sofisticata apparecchiatura di bordo evidenziarono che la temperatura interna si era abbassata a livelli accettabili, il cervellone centrale iniziò tutta una serie di controlli e comandò la disibernazione di Alfa e Beta. Le due celle di ibernazione si aprirono e, nel giro di pochi minuti, due strani individui uscirono e cominciarono a muoversi con familiarità all'interno della navetta. Alfa e Beta avevano la pelle viscida, simile a quella delle rane, e un corpo magro con lunghi arti che terminavano con mani e piedi dalle dita prensili. Le dimensioni della testa erano esagerate rispetto a quelle del corpo, al posto delle orecchie vi erano delle branchie, avevano due fori come narici al centro del volto, due occhi enormi e una bocca senza labbra. Erano anfibi, per cui potevano svolgere la funzione respiratoria sia nell'acqua, per mezzo delle branchie, sia in atmosfera ossigenata, grazie ai polmoni di cui erano forniti. Non usavano linguaggio, in quanto la comunicazione tra loro avveniva per via telepatica. Allo stesso modo, per via telepatica, riuscivano a comunicare e impartire ordini al computer di bordo. Gli altri soggetti ibernati, da Gamma a Omega, erano quanto rimaneva della popolazione di un remoto pianeta, ai limiti della galassia, duemilaseicento anni luce di distanza, alla ricerca di un nuovo pianeta che li accogliesse, in cui le condizioni climatiche e il livello culturale della popolazione favorisse la loro integrazione, al fine di poter perpetuare la specie, che non aveva più speranza in quel pianeta che stava morendo. La stella di quel sistema aveva infatti ormai esaurito la sua energia, il pianeta era sprofondato nel buio e nel gelo totale e l'unica speranza era andarsene da lì. I pochi superstiti avevano osservato bene il pianeta Terra, un pianeta circondato da un'atmosfera ricca di Ossigeno, in cui c'erano grandi masse d'acqua e nelle terre emerse esistevano insediamenti, città più o meno grandi, illuminate artificialmente durante le ore di buio, abitate da individui dotati di intelligenza non proprio pari alla loro, ma che vi si avvicinava molto. Secondo i loro calcoli, se non fossero stati visti dai Terrestri come una minaccia, sarebbero stati ben accolti, avrebbero avuto modo di utilizzare le loro tecnologie per assumere sembianze il più vicino possibile agli abitanti autoctoni e avrebbero avuto anche la possibilità di accoppiarsi con loro per garantirsi una progenie. Lo scambio sarebbe stato vantaggioso per entrambi, loro si sarebbero potuti riprodurre, mentre i terrestri avrebbero potuto trarre giovamento da nuove tecnologie fino ad allora sconosciute. Così avevano programmato il viaggio, avevano predisposto le celle di ibernazione e avevano impartito le opportune istruzioni al cervellone di bordo. Alfa e Beta erano rimasti alla consolle di comando manuale fino all'allontanamento dall'orbita del loro vecchio pianeta, poi avevano inserito il pilota automatico e si erano infilati nelle loro celle criogene. Terminata la procedura di ibernazione, il cervellone aveva impartito all'aeronave il comando per un'accelerazione estrema. Nel giro di pochi nanosecondi, la capsula fu lanciata nell'iperspazio a velocità mille volte superiore a quella della luce, coprendo una distanza incredibile in un tempo relativamente breve. In pratica l'aeronave aveva percorso, in un tempo corrispondente a quello che erano tre anni nel suo pianeta di origine, una distanza di duemilaseicento anni luce.

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