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Percorrere questi volumi offre densissime e cruciali immagini della storia della commedia europea, della sua ramificata vitalità, dei mille rivoli da cui essa scaturisce e in cui si espande nella travagliata vita storica del continente. In omaggio alla sede ispanica in cui ci troviamo a festeggiare Federico Doglio, ricorderò brevemente il rilievo della presenza spagnola, citando i saggi che nei diversi volumi riguardano il teatro comico spagnolo (e tralascio il grande rilevo che questo ha nelle rassegne bibliografiche che accompagnano molti di questi volumi).

Se nel convegno del 1978 si affaccia Raymundo Lull nel saggio di Annibale Gianuario su «Metrica classica e ricerca fonico-musicale seguendo Plutarco, Raymundo Lull e Antonio Lull» (pp. 281-290), che non ha dirette tangenze con la commedia, in quello del 1986 sulla farsa due saggi toccano l’ambito spagnolo: Humberto López Morales —«Parodia y caricatura en los orígenes de la farsa castellana» (pp. 211-226)— tratta di un libro del 1514 in cui per la prima volta nel suolo di Castiglia appare la parola farsa, la raccolta delle Farsas y églogas al modo y estilo pastoril y castellano di Luca Fernández; Javier Huerta Calvo —«El entremés o la farsa española» (pp. 227-266)— con dovizia di rilievi strutturali mette in luce il rapporto e quasi identificazione tra il primitivo entremés e la farsa. Negli atti del convegno «carnevalesco» del 1989 Ana Vian Herrero, —«Una aportación hispánica al teatro carnavalesco medieval y renacentista: las Églogas de Antruejo de Juan del Encina» (pp. 121-148)— analizza testi di grande interesse risalenti alla fine del XV secolo. Nel convegno del 1993 il saggio di Manuel Fernández Nieto —«La comicidad del teatro español del siglo XVI según Augustín de Rojas» (pp. 145-160)— estrae spunti di grande interesse da un’opera di difficile classificazione, El viaje entretenido di Augustín de Rojas, apparsa all’inizio del XVII secolo, mentre la presenza del teatro ariostesco in Spagna (a partire da una rappresentazione dei Suppositi a Valladolid nel 1548) viene illuminata dal saggio di Manuel V. Diago: «Una adaptación española de Il Negromante de Ariosto: La comedia llamada Carmelia de Joan Timoneda» (pp. 161-176). Il convegno del 1995 con il saggio di Monica Pavesio —«La vie est un songe tragicommedia francese del Settecento: punto di incontro fra la “Comedia” spagnola e la Commedia dell’Arte italiana» (pp. 389-414)— presenta il singolare caso di una tragicommedia apparsa nel Nouveau théâtre italien di Luigi Riccoboni che risale al capolavoro di Calderón attraverso tutta una serie di adattamenti e trasformazioni intermedie. Nel convegno del 2001 viene toccata l’opera di un autore di ventotto testi denominati farsas, risalenti al secondo quarto del Cinquecento, da Miguel Ángel Pérez Priego con «La sátira en las farsas de Diego Sánchez de Badajoz» (pp. 159-180), mentre in quello del 2008 è proprio la nostra Irene Romera Pintor —«La impronta española en la nueva vía gozziana: Cimene Pardo, de la Commedia dell’Arte al drama» (pp. 59-87)— a mettere in luce un particolare e suggestivo aspetto dell’impronta spagnola nel teatro di Carlo Gozzi, impronta che viene dall’eco di una vicenda della Spagna del XII secolo, passata attraverso svolgimenti e trasformazioni date nell’ambito della Commedia dell’Arte.

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