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L’unico alimentari di Penleven chiudeva alle sei e l’unico pub della città serviva da mangiare fino alle otto e trenta. Aveva appena mezz’ora per accaparrarsi un tavolo per uno, o l’alternativa erano dei noodle riscaldati e un panino al tonno, per la terza sera di fila. Tanti motivi lo stavano portando a dilungare il suo soggiorno in Cornovaglia, ma rinunciare ad una cena decente non era uno di questi.

Annuì. “Penso di sì,” disse.

“Beh, non dimentichi la sua chiave,” disse, come aveva ripetuto ogni sera fino ad allora. “Non mi alzerò nel bel mezzo della notte per farla entrare.”

3


Una volta salito nella sua stanza, attentamente curata e sorprendentemente grande per le dimensioni della struttura, Slim tirò fuori l’orologio impacchettato dallo zaino e lo tolse dalla busta di plastica.

Non ne sapeva nulla di orologi. Nel suo appartamento ne teneva solo uno, di plastica e da quattro soldi, che l’ultimo inquilino aveva lasciato lì. Per sapere l’ora, usava sempre il suo vecchio Nokia, o l’orologio da polso di turno, che di solito comprava ad un mercatino e usava fino a quando i graffi sul quadrante non gli impedivano di leggere l’ora.

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