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Quando un campanello annunciò l’inizio della funzione, la grande chiesa buia si illuminò un poco, ma l’atmosfera rimase tetra.

C’erano poche altre persone - forse cinque o sei banchi in tutto per giunta mezzi vuoti - la maggior parte un po’ distanziate dietro a noi parenti e congiunti. Le loro espressioni, il loro atteggiamento mi sembravano voler dire “la conoscevo appena”, oppure “sono qui per sua nipote”, o “qualcuno dei vicini non poteva non esserci”. Un paio di ragazzi sembrava quasi che fossero lì per sbaglio, forse per guardare la chiesa o in attesa di parlare col prete. O forse invece io non ero così bravo a leggere i pensieri dai loro volti. Sperai tanto che non mi si leggesse in faccia che ero lì principalmente perché mi trovavo nelle vicinanze, e che in realtà da un pezzo negli ultimi anni non mi era capitato di pensare alla zia Betty.

Mentre entrava l’officiante, un vecchietto bassino venne a sistemarsi accanto a me. Lui sì piangeva a dirotto, spontaneo, senza finzioni. Doveva essere qualcuno che le voleva molto bene, pensai. Chissà, magari un vecchio amore. Anche le zitelle probabilmente hanno le loro storie d’amore nel cassetto. O forse una tenera, platonica e recente avventura galante tra due romantici attempati. Elegante, dignitoso, lo avrei detto più sui novanta che sugli ottanta.

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