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Andai a prendere la borsa. Anzi, le borse, perché ce n'erano due, piuttosto grosse. Nel dubbio, e a fatica, gliele portai tutte e due, insieme.

“È questa”. Cercò di aprirla con una mano sola, ma non ci riuscì.

“Aspetta, lascia che ti aiuti.” Seppure con difficoltà, riuscii ad aprirgliela.

“Vuoi che avvisi qualcuno? Hai moglie, una famiglia?”

“No, no”, rispose mentre frugava nella borsa. “Piuttosto avvicinati e fammi luce, se puoi.”

Puntai la luce del mio cellulare dentro la borsa mentre lui cercava. Alla fine trovò e prese in mano quello che voleva. Era una cosa piccola e massiccia, di metallo. Mi sembrava un grosso accendino. Io ero già vicino a lui, e ciononostante mi fece cenno con l'altra mano di avvicinarmi. Fece come per porgermelo.

BUUM!

Maledizione. Non era un accendino, era una pistola. E cosa ne potevo sapere io? Non ne avevo mai vista una dal vero, solo nei film e nei fumetti. Avrei avuto tutto il tempo di scappare, di togliergliela, in mille modi. Con un calcio, con le mani, lui era lì a terra con una gamba rotta. Ma … come potevo sospettare? Il rumore mi riempì la testa, ed il dolore il corpo; anzi, me lo svuotò.

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