Читать книгу Anima Nera Anima Bianca. Il Vero Volto Del Blues онлайн
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Ne va da sé che il capro espiatorio di tutta questa faccenda fossero appunto gli Afro-Americani, visti come la ragione prima della disperazione e della miseria collettiva. Benché gli stati del Nord li accogliessero benevolmente, sulla scia della politica del momento, pochissimi riuscivano ad abbandonare i luoghi natali: espatriare era una faccenda difficile, necessitavano soldi e viveri, e le famiglie abbondavano di donne e bambini che non potevano affrontare un pericoloso viaggio di intere settimane, con soli mezzi di fortuna! Accadde così che l’emigrazione interessò i pochi maschi che riuscirono a farlo, in genere padri di famiglia che speravano di sistemarsi al nord per poi chiamare presso di sé i propri cari. Un’utopia, un miraggio. Gli schiavi del sud superavano i 4 milioni di individui e il rapporto tra bianchi e neri era di un bianco ogni 50 neri: anche volendo, non ci sarebbe stato modo di sistemarli tutti. La maggioranza degli ex schiavi rimasero nelle terre poi messe all’asta dagli Stati dell’Unione e vendute al migliore offerente: vale a dire ai nordisti e a quei pochi sudisti che durante la guerra erano riusciti ad arricchirsi sulla pelle altrui. I neri, liberi e quindi abusivi a tutti gli effetti, furono tenuti come affittuari delle terre e, giacché non potevano pagarne l’affitto col denaro lo avrebbero fatto col lavoro. Ma non basta: su di loro fu caricato il pagamento del noleggio degli attrezzi agricoli, delle sementi e di tutto ciò che abbisognava per la cura delle nuove piantagioni. Debiti su a debiti che venivano saldati con l’accaparramento da parte del padrone del 70% dei frutti. Una nuova schiavitù che non aveva speranza di affrancarsi, in quanto perfettamente legalizzata: l'ex schiavo, malgrado non ancora cittadino Americano, godeva tuttavia di diritti civili pari a quelli degli altri uomini liberi e, come tutti, aveva il dovere di assumersi la responsabilità dei propri debiti. In questi casi, si sa, la Legge è sempre bianca. Ci si chiederà come sia possibile, almeno per consistenza numerica, che il nero non abbia deciso di ribellarsi, di affrancarsi da uno stato di cose che alla lunga lo avrebbe di certo annientato. La risposta risiede nella stessa natura dell’uomo di colore, capace di adattarsi e piegarsi come nessun altro, nella propria concezione della vita, nella sua ignoranza, nel forte credo religioso che lo avrebbe in seguito portato al vero riscatto e, purtroppo, alla nascita del Ku Klux Klan. Questa ignobile organizzazione nacque già nel 1865 per volere di ex ufficiali dell’esercito confederato come ”reazione e opposizione” al governo centrale, che si era completamente dimenticato delle vedove e degli orfani di guerra, concedendo però la libertà e il diritto di voto al nero, sgretolando in più le leggi segregazioniste che impedivano agli schiavi di espatriare. Fondatore fu il Generale Forrest, appellato poi Grande Mago recuperando se vogliamo l’odore di società segreta e massoneria. Gli infami individui spadroneggiavano per le piantagioni punendo i neri, colpevoli di essersi ribellati alla propria condizione ”naturale” di schiavitù. Picchetti di frontiera uccidevano senza controllo chi tentava di espatriare, e le violenze su donne e bambini ritornarono cose di tutti i giorni. Il Ku Klux Klan inoltre aveva pieno controllo sulla polizia locale, sui giudici e su una folta schiera di politici, a cui lo schiavismo faceva comodo. I pochi proprietari bianchi che osavano denunciare questo stato di cose al Governo Centrale venivano trattati alla stregua dei neri, soprattutto quando l’esercito dell’Unione abbandonò definitivamente il sud.