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Sulle rive del Mississippi, 1870

I due blues ebbero sorti diverse: tra il 1870 e il 1890 il folk nero iniziò a diffondersi per le campagne grazie a dei teatrini improvvisati su carrozzoni ambulanti, gestiti da bianchi o da neri emancipati che si autodefinivano dottori o guaritori. Essi vendevano pozioni miracolose ( in genere erbe mischiate all’ alcool o ancora più spesso acqua e alcool) per curare ogni male i quali, per attirare più pubblico, obbligavano i propri lavoranti neri ad esibirsi in canzoni improvvisate strimpellate sulla chitarra o con l’armonica, che narravano di una semplice e fantasiosa quotidianità. Canzoni che, rivolgendosi a un pubblico eterogeneo ma che richiamava molti bianchi, era volutamente adattato ed epurato da significati oscuri. I primi artisti erano ex braccianti agricoli i quali, per mangiare, si piegavano anche alle regole dei Minstrels Show, accettando quindi di divenire parodia di se stessi. In seguito furono preferiti gli ex galeotti, i quali potevano attingere alle cosiddette Midnight Special, brani molto suggestivi nati in prigione e che erano musicalmente più articolati. In breve, a questi rurali artisti ne furono aggiunti altri: giocolieri, ballerine, maghi, che resero i carrozzoni una vera attrazione, tale da definirli Varietà neri. I primi ad organizzare un teatro stabile di questo tipo di blues furono due Italiani, i Fratelli Barrasso. Essi inaugurarono il loro locale a Memphis nel 1907,dando alla luce Il TOBA, una delle più schiaviste e famigerate Organizzazioni che si arricchirono letteralmente sulla pelle degli artisti neri, a cui veniva concesso solo di che vivere stentatamente. Un mercato in cui giravano fior di quattrini e che ben presto destò l’interesse delle prime grandi Case discografiche, le quali registrarono negli anni ’20 delle canzoni ”su misura” scritte da compositori specializzati come William Handy, il quale in breve sfornò 4 grandi successi. ST.LOUIS BLUES (1914), MEMPHIS BLUES e BEALE STREET BLUES (1917) e la famosa HARLEM BLUES (1923). Furono proprio le case discografiche ad appellare questo genere di musica nera “BLUES” (triste, malinconico), per distinguerlo dai Minstrels ancora abbastanza diffusi. Un grande giro d’affari, ma soprattutto un fortunato impatto emotivo che andava OLTRE la condizione sociale e le barriere di stampo razziale. Un pubblico gremito affollava i teatri dove si esibivano le Grandi Stelle del Blues, quelle pochissime cantanti nere che, grazie alla propria voce e alla capacità empatica di entrare direttamente nel cuore di tutti, riuscirono ad affrancarsi dalla povertà, entrando contemporaneamente nella Storia. Un successo economico e uno status sociale invidiabile raggiunti a caro prezzo: angherie inaudite e abusi sessuali di cui le stesse protagoniste non accettarono mai di parlare.

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