Читать книгу Anima Nera Anima Bianca. Il Vero Volto Del Blues онлайн

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Molti degli Stati del Sud affermano di essere la patria del Blues. Tuttavia oggi è certo che la vera anima della musica che cambiò il mondo abbia visto i natali sul Delta del Mississippi, quelle fertili zone a ridosso dell’Arkansas e che ospitavano immani piantagioni di tabacco e cotone. Qui trovavano rifugio centinaia e centinaia di ex schiavi, che vi lavoravano 15 ore al giorno, mischiati alla feccia della popolazione bianca, quella fetta poverissima di immigrati provenienti per lo più dall’ Irlanda e che nessuno voleva assumere. All’epoca neri, zingari, Irlandesi e (ahimè) Italiani erano invisi alla civilissima società Americana, che li appellava ”straccioni, ubriaconi e rissosi ominidi di Oltreoceano”. Separati dagli altri i Cinesi, che comunque costituivano una comunità a sé, già oppressa dalla loro brutalissima Mafia. Negli Stati del Nord, se gli andava bene, tutta questa gente veniva confinata in ghetti dal nome grazioso, tipo Little Italy o China Town, o quartieri come il Bronx, dove ci si uccideva per nulla e dove prostituzione, alcool e assassinio era la semplice quotidianità. Chi voleva sperare di sopravvivere in queste realtà doveva soccombere e piegarsi ai soprusi di ogni genere, oppure auto-confinarsi negli Stati del sud, dove le immani opere di bonifica, costruzione di ferrovie, spaludamento di fiumi e piantagioni reclutavano continuamente gente. Qui la vita era un inferno: la malaria, il colera, le malattie polmonari, la sifilide mietevano vittime, la paga era irrisoria e il cibo uno schifo. L’alcool veniva fabbricato con le bucce di patate, l’ età media delle prostitute era di 12 anni e la speranza di vita non superava i 35. Tuttavia fortissimo era il senso di comunità, di aiuto reciproco tra diseredati e, per forza di cose, nulli erano gli ostacoli di natura razziale. Strimpellare due note e cantare le proprie disgrazie divenne una grande valvola di sfogo e tutti, senza eccezione alcuna, se ne servivano. In questi luoghi abbandonati da Dio la religione e la spiritualità contavano poco, e il blues di queste zone si riempie di carnalità, di depravazione, di rancore verso il potere e di speranza di ribellione. E, poiché Dio era assente, rimaneva comunque Satana. Attingendo a piene mani al proprio retaggio Africano, alla cultura animista, al rito del voodoo e di tutto il grande calderone di superstizioni, riti pagani e invocazioni agli spiriti superiori mischiati insieme, nacque una musica che era contemporaneamente un inno di ribellione e un grido di dolore. Accadde che bianco e nero non solo ”cantarono” ma ”partorirono” insieme una nuova lingua, di impatto così immediato e di tale facilità musicale che si allargò a macchia d’olio con la forza di un uragano. La fine dell’800 vede così uno sdoppiamento tra la società dei derelitti: da un lato chi abitava nelle città, frequentava la Chiesa e attingeva la propria forza di sopravvivenza dalla consapevolezza che gli uomini erano tutti uguali al cospetto di Dio; dall’altra i veri bluesman, gli emarginati tra gli emarginati, che vivevano in una realtà a parte e che Dio non solo non lo conoscevano affatto, ma neanche lo avrebbero voluto. Poiché se Dio esiste COME può non volgere gli occhi sulla sofferenza umana?

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