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“Dai su, Riccardo, svegliati. Diciamo a te. Vuoi starci a sentire?”

Solo allora si destò e capì di essersi appisolato e di aver sognato, anche se non gli fu chiaro da quanto. “Noi stiamo per andare in un'altra discoteca che apre tra poco. Ti proporrei di venire, siamo in buona compagnia; ma vedo che sei molto stanco. Forse è meglio che ti riaccompagni a casa.”

“Sì, sì, hai ragione”, fu d'accordo Riccardo, anche se proprio in quel momento si rese conto che le due ragazze da sogno vicino a lui erano vere.

Il giorno dopo era quasi mezzogiorno quando la mamma lo venne a svegliare dicendogli che c'era una telefonata per lui. Era Raul.

“Ho preso il primo volo questa mattina, direttamente dalla discoteca, e sono già arrivato. Sono venuto subito al campo a fare due palleggi. È tutto a posto. Voglio dire: io sono io, tu sei rimasto lì. Insomma il mondo è impazzito una volta sola, a quanto pare. Volevo ringraziarti per la compagnia, e sapere della tua caviglia.”

“La mia caviglia? Ah, sì. Ora che mi ci fai pensare: se non la muovo non mi da fastidio, e neanche a camminarci.” La mosse un po', per sentire in che stato era. “Solo se la sforzo. Ma starò attento a non correrci e saltarci per un po'. Non è difficile, per me”.

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