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Strinse forte l'impugnatura, imitando goffamente la posizione dell'elementalista, socchiuse gli occhi e si sforzò cercando di scuotere la montagnola con il pensiero. Purtroppo, non accadde nulla. Provò altre volte sbarrando gli occhi o serrando i denti: niente, niente di niente!

Alla fine, stremato e rassegnato, si genuflesse reggendosi al bastone. Attraverso di esso, sentiva flebili e lontane le vibrazioni che si trasmettevano sul terreno: erano i ratti che si muovevano e scavano sotto la superficie. Già altre volte, poggiando l'orecchio a terra, aveva potuto sentirli: così vicini eppure, così irraggiungibili. Gli sembrò quasi di vederli lì sotto, immaginò di poter penetrare nel cunicolo e seguirli nei loro nascondigli. Sentì i loro passi furtivi quasi come se gli passassero sul ventre e, come in un sogno, immaginò di schiacciarseli addosso con le braccia: avvertì il loro sgomento nel vedere le loro tane tremare e crollargli addosso. Sentì il calore del loro sangue scorrergli sul petto e l'inebriante odore dell'adrenalina che trasudava dalla loro pelle.

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