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«Bene Maggiore. Innanzitutto sono contento che questa notte non abbia provato a scappare. Immagino, quindi, che abbia accettato la missione. Da oggi è ufficialmente un agente sotto copertura dell’SVR. Per prima cosa, come ogni buon agente che si rispetti, anche lei dovrà avere un nome in codice con il quale sarà riconosciuto e dovrà firmare tutti i suoi rapporti di intelligence. Per caso ne ha già in mente qualcuno?».

«Avevo pensato di firmarmi KIM», replicò asciutto Aleksej.

«Ah… ottima scelta, vedo che con Irina ha già fatto i compiti a casa. Spero che non faccia rimpiangere il buon Philby», sorrise sarcastico Petrov.

La sala cinque assomigliava a quella di un piccolo cinema. Un grande schermo bianco alla parete e comode poltrone di velluto rosso nelle quali i tre sprofondarono seduti.

“Iniziamo pure!”, ordinò perentoriamente Petrov, con la sua inconfondibile voce baritonale. Le luci si spensero lentamente e iniziò la proiezione di un film. Dalle prime immagini Aleksej capì subito che il protagonista era Luca.

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