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IO E AUGUSTO, I DUE INVISIBILI DELLA CLASSE

Alle scuole superiori mi trovai decisamente male. Non per colpa dei professori, le cui valutazioni mi sembravano tutto sommato eque, almeno per quello che mi riguardava. Non sembravano influenzate né dalla mia nazionalità né dal fatto che fossi musulmano. Del resto non so se fossero fatti conosciuti a tutti. La mia diversità non si evinceva immediatamente dalla carnagione, ma neanche dal mio nome e cognome, Stefan Moffat, per gli amici Stefano.

Chi mi trattava male erano i miei compagni. Almeno così mi sembrava. Perché essere ignorato in modo così evidente ed in mia presenza mi sembrava non meno grave ed offensivo che essere trattato male con parole o fatti.

A volte avevo la sensazione di essere invisibile. Parlavano tra di loro delle vicende della classe e degli altri compagni, ma con me o di me sembrava che nessuno volesse parlare. Certo se domandavo qualcosa mi venivano date le risposte o le spiegazioni che chiedevo, ma con formalità, come se fossi un estraneo, o un professore; anzi, coi professori avevano più confidenza. Direi invece come se fossi stato di un'altra classe, o di un altro mondo. E di questo soffrivo terribilmente.

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