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Sentendo questo racconto rimasi quasi pietrificata, come una statua di sale. Cercavo di digerire quello che mia madre mi aveva appena detto ma la mia mente si rifiutava: era quasi assente, come in coma. Non riuscivo davvero a credere alle mie orecchie.

“E allora?”, mi chiese lei, visto il prolungarsi evidentemente esagerato del mio silenzio.

“E allora, mamma, che cosa diavolo hai combinato alla mia povera nonnina?”, pensai tra me, come se la mia mente si fosse risvegliata al'improvviso alla sua domanda. “Il papà lo diceva spesso che avevi una rotella fuori posto, una vena di follia. E pensare che io non gli ho mai creduto.”

“E allora cosa?”, le chiesi, cercando di risvegliami da quella specie di brutto sogno.

“Allora la penitenza, padre. E l'assoluzione. Lo so che ho fatto una cosa molto brutta, ma me la può dare lo stesso l'assoluzione?”

Non ero in grado di ragionare. Pronunciai velocemente e a bassa voce la formula dell'assoluzione che avevo imparato quella stessa mattina, concludendo con un ampio segno di croce a mo' di benedizione.

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