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“È questo il punto”, riprese lei, “che io, che di pazienza fino ad allora ne avevo avuto tanta, la persi tutta in un colpo. Se proprio ti trovi tanto male con me e a casa mia dove per anni non fai altro che portarmi impicci e problemi, ho pensato, allora vattene una buona volta. Non so come abbia potuto assalirmi un pensiero del genere, ma non sono riuscita a controllarlo. Con una scusa ho interrotto la comunicazione, ed ho cominciato a pensare al modo migliore di fargliela pagare. Ho pensato sùbito alle sue medicine: gliele faccio mancare. Anzi, gliele sostituisco. Tanto sembrano più o meno tutte uguali. Quella della pressione col diuretico, e un altro con una pasticca di uguale forma e colore che avevo tra le mie, non so neanche per cosa fosse. Così feci, fintantoché, dopo una quindicina di giorni, lei peggiorò. Quando ciò accadde, guarda caso, il suo medico curante era in ferie, e io la convinsi ad aspettare che tornasse piuttosto che affidarsi ad un altro. Ma poi anche quando tornò non glielo dissi. E solo quando stette molto male mi decisi a chiamare un dottore; ma un altro, di cui qualcuno mi aveva parlato piuttosto male e che non la conosceva. Nonostante il ricovero in ospedale, mia madre non ce la fece.”

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