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“Riccardo! Raul, Raul. Sono Riccardo.” A un tratto, nella confusione e nel frastuono di voci dello stadio gremito, gli parve di distinguere queste parole. “Raul, sono Riccardo Boccadoro. Ti prego, vorrei parlarti.”

Stavolta era sicuro di quello che aveva sentito: era stato pronunciato il suo nome, qualcuno si indirizzava a lui. Riccardo si alzò, cercando di individuare alle sue spalle chi lo stesse chiamando; ma dietro a sé il campo visivo era quasi completamente ostruito dalla panchina.

“Ci vediamo fra cinque minuti allo spogliatoio: ti prego, Raul, non mancare.”

“Lo conosci davvero questo ragazzo?”, gli chiese un compagno di squadra seduto lì di fianco.

“Sì, lo conosco.” Per un attimo fu tentato di chiedergli come arrivare agli spogliatoi; ma poi si disse che li avrebbe trovati da solo, senza destare inutili sospetti.

Zoppicando si infilò giù per delle scale in un corridoio che sembrava vuoto, a parte una guardia della sicurezza.

“Raul, due parole al volo per Radio Campione?”, gli chiese un giovane trafelato, ben vestito ed armato di cuffie e microfono, sorprendendolo alle spalle.

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