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Mi mossi lentamente e con attenzione, guardando dove mettevo i piedi. Ma ad un tratto, con mio raccapriccio, mi balzò alla vista, con la sua foggia unica e inconfondibile che ben conoscevo per averlo visto in innumerevoli occasioni, quel cappellino rosa vezzoso che indossava sempre la piccola Giuditta, forse l'amica più cara di mia figlia. Già, mia figlia. Un pensiero improvviso, fulminante ed angoscioso: dov'era adesso il mio caro, piccolo dolce tesoro? Stava bene, al sicuro? E con chi?

“Elisa! Elisa!”, chiamai più volte ad alta voce, con apprensione. Nessuna risposta. Allora cercai disperato anche per tutto il resto della casa: niente. Poi mi ricordai. La mattina Elisa era rimasta a casa coi nonni, insieme a quel suo amichetto un po' vivace. Adesso saranno dalla zia, pensai: è tutto a posto.

Raccolsi i soldatini e gli altri giocattoli e rimisi a posto la stanza alla meglio. Peccato solo per la bambola Giuditta, la preferita di Elisa, a cui proprio non riuscii a riattaccare la testa col suo elegante cappellino.

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