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«Che tu sia dannato!» urlò Kitzo portandosi la mano al volto ormai sfigurato. Djeek si rialzò tremante e, ponendo dinanzi a sé il bastone, si preparò a fronteggiare un nuovo attacco, ma l'altro si dileguò maledicendolo: «Che tu possa marcire per sempre nel ventre del Grande Verme!».

Il giovane goblin rimase immobile e ansimante per alcuni istanti. Ma poi, una volta assorbita l'adrenalina, il dolore al polpaccio si ripresentò insopportabile. Tirò fuori dall'acqua la gamba e constatò che il coltello lo aveva lacerato in profondità, vide colare un rivolo copioso di denso liquido nero e capì che si stava dissanguando. Raggiunse zoppicando un grosso albero marcescente, si aggrappò a una delle liane che pendevano dai suoi rami e tirò con tutta la forza finché, con un crack il legno fradicio cedette, piombandogli in testa. Imprecando contro la sua imbranataggine, prese a legarsi la gamba con il laccio rimediato, ma l'emorragia non si arrestò. “Morirò prima di raggiungere il villaggio” pensò accasciandosi a terra esausto. Chiuse gli occhi e, ponendosi in posizione fetale, strinse il bastone attendendo la fine. Sentì la terra abbracciarlo e stringerlo a sé come una madre affettuosa, avvertiva defluire il suo sangue come l'acqua che scorre nei ruscelli; sognò di arginarne il corso costruendo una piccola diga di sassi, tronchi e argilla.

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