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«Bene così… tutti a fare la doccia» – disse il Generale Govorov – soddisfatto per l’impegno mostrato in allenamento dai suoi ragazzi.

Li aveva osservati per tutto il tempo dagli spalti del Palazzo del Ghiaccio di San Pietroburgo.

«Avete solo trenta minuti» – proseguì con tono perentorio il Generale – il nostro bus ci aspetta nel parcheggio e non ammetto nessun ritardo».

Aleksej Robertovic Marinetto

Il cognome di Aleksej tradiva le sue evidenze origini italiane. Aveva già compiuto 25 anni e fin da bambino era stato scelto per frequentare l'Accademia Militare per cadetti di Orenburg, negli Urali meridionali, a circa 1.200 chilometri da Mosca. Era un'accademia molto prestigiosa alla quale venivano ammessi solo figli e nipoti della nomenclatura russa. Aleksej poteva vantare tale diritto in quanto suo nonno era un generale in pensione. Al tempo della vecchia Unione Sovietica era stato un esponente di rilievo del disciolto KGB, il servizio segreto russo.

Aleksandr Nikolaevic Govorov


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L’autobus era pronto sul piazzale, con il motore acceso, in attesa dell’arrivo dei cadetti. Tutti furono puntuali e salirono con ordine per sedersi nei posti loro assegnati, seguiti dagli sguardi severi del Maggiore Alexej e del Generale Govorov. L’ultimo ad arrivare fu Nikita che, come al solito, si prese uno scappellotto dal suo comandante. Fuori l’aria era ancora umida per la pioggia caduta incessantemente e tutti si misero ad osservare dai finestrini l’imminente tramonto del sole. Era uno spettacolo incredibile. La sfera arancione stava per arrendersi alle prime luci della sera e improvvisamente sparì con il suo bagliore dietro enormi palazzoni grigi. Govorov prese posto accanto al suo vice allenatore e dopo alcune parole di circostanza, sul morale della squadra e la preparazione atletica, improvvisamente si fece serio e cambiò tono alla conversazione.

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