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Dario gli consegnò la carta di identità mentre riceveva le chiavi. “Ma… come facevi a sapere che mi chiamo Dario?“
Abdul gli mostrò di nuovo l'abbonamento. “Sono uno a cui non sfugge quasi nulla, caro mio.”
Quella macchina era una cosa dell'altro mondo: una tenuta di strada formidabile, un'accelerazione da brivido, un sedile avvolgente. Dario ne fu veramente entusiasta. Il gusto della guida e, perché no, la benzina non pagata gli fecero dimenticare lo scorrere del tempo. La targa di prova, poi, ma anche l'affidabilità, la potenza e l'elasticità che andava sperimentando nella Diablo, gli fecero osare qualcosa in più di quanto non avrebbe fatto. In una occasione, in mezzo a una curva presa con decisione, si trovò di fronte un gatto nero sulla carreggiata, ma con un ottimo riflesso e grazie anche all'ottima tenuta di strada della Diablo riuscì a scartarlo come nulla fosse, senza il minimo segno di sbandata o rumore di frenata.
Era passata quasi un'ora e Dario, più che soddisfatto dal suo lungo giro di prova, era già sulla via del ritorno quando gli si presentò un nuovo imprevisto. Stavolta era un motorino, che viaggiava disciplinatamente accostato al bordo della strada; e anche se lo raggiunse dopo una curva non gli era sembrato un ostacolo quanto un gioco, come un birillo messo lì perché lui potesse divertirsi a scansarlo come aveva già fatto col gatto. Però stavolta tardò un attimo di troppo, o prese male le misure: fatto sta che lo urtò leggermente sul di dietro, mandandolo giù nel fossato. La Diablo, in accelerazione, non ne risentì minimamente e si dileguò. Il motorino finì nell’erba. Probabilmente il motociclista non si era fatto niente, e non era riuscito a vedere chi l’avesse urtato. Però … chissà, meglio non rischiare e accertarsene, pensò Dario, che decise così di rientrare al più presto dal concessionario per poi tornare sul luogo dell’incidente con la sua vecchia macchina facendo finta di niente.