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Decise di non perdere tempo e cominciò ad accumulare potere elementale da ogni frammento di roccia e di terra che lo circondava: il vicino isolotto si sgretolò lasciando crollare l'albero. Aveva acquisito moltissima energia, tuttavia ne necessitava altra, se voleva sperare di sopraffare i due elfi che lo braccavano: un mago runico e un sacerdote di Energon. Il bastone diventava sempre più pesante e anche lui: se ne accorse perché i suoi piedi sprofondarono un po' nel fondale dell'acquitrino. Quando avvertì lo strato più esterno della sua pelle seccarsi e sbriciolarsi come polvere di pietra, capì di aver raggiunto il suo limite massimo. Se avesse continuato ad accumulare, avrebbe collassato tramutandosi in una statua di gesso che presto l'umidità avrebbe disciolto nella palude.

Rimanendo immobile, usò tutta la sua concentrazione per mantenere stabile quanto accumulato. Il piano era semplice: non appena gli inseguitori sarebbero emersi dalla nebbia, avrebbe scaricato il suo incantesimo offensivo più potente. Si sentiva come un calderone pieno di vapore pronto a esplodere. L'attacco sarebbe stato immediato e letale. Sapeva che la magia runica del suo avversario era molto veloce, comunque questi aveva bisogno di alcuni attimi per pronunciare l'incantesimo, degli attimi che sperava si sarebbero rivelati fatali.

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