Читать книгу Europa en su teatro онлайн

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Tra tutti i generi del «rinascimento dei moderni» (ricordo una formula messa in circolazione dal carissimo Giancarlo Mazzacurati) la commedia assume una singolare crucialità storica per lo stesso destino della modernità occidentale, per la piena apertura della sua cultura all’esperienza del quotidiano, ai caratteri della vita più normale e dimessa, a quell’orizzonte «minore» prima parzialmente affidato ai fabliaux e alla novella o a sotterranei ambiti popolari e carnevaleschi. Se nel primo Cinquecento questa modernità della commedia si costruisce entro il ritorno all’antico, nella riscrittura dei modelli plautino e terenziano, è vero d’altra parte che alla sua vitalità contribuiscono anche le carsiche tradizioni del comico medievale, le molteplici persistenze di un universo basso, «negativo», appunto carnevalesco, con le più varie disposizioni al rovesciamento, all’alterazione, alla fisicità, alla gestualità; e sul piano della tradizione «colta» vi gioca un ruolo non trascurabile proprio la novella, specie con la suggestione del grande esito del Decameron, animato già in sé di una fortissima carica «teatrale». Insomma i retroterra medievali e volgari vengono a dare nuovo inedito spessore ai modelli ricavati dal teatro antico, anche nella forma più direttamente qualificabile come «erudita»: vengono ad arricchirli, agitarli, complicarli. E se nella prima e fondante esperienza italiana può sembrare imporsi la forma più regolare e classicamente sorvegliata, quel retroterra riemerge prepotentemente in tante singole esperienze e nel propagarsi e trasformarsi di quella forma nell’orizzonte europeo e da noi nella commedia dell’arte.

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