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CAPITOLO SECONDO

Mosca

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L’auto sobbalzò e Aleksej, ancora semi addormentato per l’alzataccia mattutina, aprì improvvisamente gli occhi e scrutò fuori dal finestrino. Una pioggerellina stava liberando le sue lacrime e ogni goccia scivolava rapidamente sui vetri per far posto ai nuovi arrivi.

«Maggiore Marinetto», esclamò l’autista, «siamo quasi arrivati in aeroporto e tra due minuti saremo all’entrata delle partenze».

Era la voce dell’attendente del Generale Sherbakov. Aveva avuto il compito di accompagnare Aleksej a Pulkovo, addirittura con la Mercedes C220 nera del comandante. Era un grande privilegio e il Maggiore ne era consapevole ma, nonostante tutte le accortezze, i suoi timori per quel viaggio inaspettato rimasero inalterati.

«Grazie tenente Cjukov, si fermi pure qui a lato» rispose cortese, trattenendosi dal fare il saluto militare, poi lo congedò con una semplice stretta di mano e un semplice grazie. Con il suo minuscolo bagaglio si diresse in direzione del check-in per Mosca. Gli era stato ordinato di vestirsi in abiti civili e di portare con sé solo lo stretto necessario. E così aveva fatto. A Mosca avrebbe trovato qualcuno ad attenderlo ma non conosceva né il suo nome né il suo grado.

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